Thursday, February 2, 2017

Educazione finanziaria, costa di più non farla

A shorter version of this blog was published in Il Sole 24 Ore and can be found here.

Ci sono alcune somiglianze tra l’inizio del 2017 ed il 2016. Un anno fa si parlava di bail-in, ma anche di educazione finanziaria per salvaguardare i risparmiatori. Un anno dopo si parla di nuovo di decreto legge “salva banche” e di educazione finanziaria. Questa volta però, le indiscrezioni sul Dl banche sembrano autorizzare la speranza che il più trascurato dei due temi riceverà qualche attenzione in più rispetto al passato.

Tutti i sondaggi parlano chiaro. Il livello della conoscenza finanziaria in Italia è molto basso e molto più basso della maggioranza degli altri Paesi europei. L’analisi dei nuovi dati su un campione di dieci Paesi europei pubblicati proprio lo scorso lunedì in un rapporto di Allianz fatto in collaborazione con il Global Financial Literacy Excellence Center vede l’Italia fanalino di coda. Rispetto a Paesi come l’Austria, il Belgio, la Francia, la Germania, l’Olanda, il Portogallo, il Regno Unito, la Spagna e la Svizzera, l’Italia si colloca ultima o penultima in quasi tutte le domande che misurano i concetti base della finanza, l’abc della conoscenza finanziaria. Più del 30% degli Italiani non sa calcolare il 2% su una somma di 100 euro. La conoscenza più bassa si riferisce al rischio e alla diversificazione del rischio, un fatto di cui avevamo preso amaramente nota lo scorso anno guardando agli investimenti dei risparmiatori di Banca Marche, Banca Etruria, CariFe e Carichieti.

Altre indagini confermano gli stessi risultati. Il S&P Global Financial Literacy Survey, il Programma per la valutazione internazionale dell’allievo (PISA) dell’OCSE, e i dati della Banca d’Italia sono tutti concordi nel descrivere un Paese con pochissime conoscenze dei principi alla base delle decisioni finanziarie. Se per importanza economica l’Italia si colloca tra i Paesi del G7, per conoscenza finanziaria assomiglia invece alle economie emergenti, dove anche il Sud-Africa fa un po’ meglio dell’Italia. Purtroppo questo è vero anche per i giovani: nella valutazione della conoscenza finanziaria dei quindicenni in PISA, gli studenti italiani sono arrivati penultimi; fanno meglio solo della Colombia. Non possiamo quindi aspettarci che le generazioni future facciano meglio delle generazione odierne; il ciclo della bassa conoscenza finanziaria sembra destinato a ripetersi.

I costi dell’ignoranza finanziaria sono spaventosi. L’ignoranza è un po’ come quelle malattie silenziose che si annidano nel corpo senza particolari sintomi che siano visibili a occhio nudo, per poi esplodere al momento dei test, quando talvolta è troppo tardi per curarle. Il costo delle scelte sbagliate dei mutui negli Stati Uniti si è transformato in una enorme crisi finanziaria non solo per le famiglie ma per l’intera economia. Se ci riferiamo solo al comportamento relativo alle carte di credito, secondo le nostre stime, più di un terzo delle spese relative a interessi ed altri costi del credito—per intenderci più di 3.5 miliardi di dollari nel 2009—è dovuto alla mancanza di conoscenza finanziaria, ovvero a costi che potevano essere evitati. Sempre negli Stati Uniti, si è stimato che l’ammontare dei mancati rendimenti degli investimenti azionari dovuti a commissioni ed altre spese si aggira intorno ai 100 miliardi di dollari, e questi costi sono sostenuti soprattutto da chi ha bassi livelli di alfabetizzazione finanziaria.

I costi dell’ignoranza finanziaria sono alti anche nella semplice gestione del conto bancario, non di complessi portafogli. Secondo recenti stime, il mancato utilizzo di tecnologie come online banking, unito all’ignoranza finanziaria crea perdite di ricchezza anche nello strumento finanziario più semplice che tutti possediamo, ovvero il conto corrente.

In passato abbiamo creduto di poter risparmiare dei soldi rinunciando all’educazione finanziaria? Purtroppo anche l’ignoranza finanziaria costa. Non solo i costi ci sono, ma sono anche alti, e se non vengono pagati adesso, saranno pagati nel futuro. Se le risorse da investire nell’educazione dei cittadini non sono sufficienti dobbiamo intervenire anche noi. Ci sono varie organizzazioni in Italia che si stanno occupando di alfabetizzazione finanziaria, dalle organizzazioni dei consumatori, al Museo del Risparmio di Torino che è nato proprio per promuovere l’educazione finanziaria. Lavoriamo con loro. E possiamo fare molto nelle scuole e nelle università in modo che i nostri giovani siano meglio preparati a capire il nuovo mondo finanziario che si apre di fronte a loro, e per non creare nuove vittime e nuove povertà.

L’educazione finanziaria è un investimento per il futuro. In tutti i paesi i mercati finanziari sono diventati più complessi, i prodotti finanziari più numerosi e le scelte finanziarie, anche quando si riferiscono agli strumenti di base, sono più difficili rispetto al passato. Ogni cittadino si confronta con queste scelte. L’obiettivo dell’educazione finanziaria è quello di trasformare i risparmiatori non già in esperti ma solo in persone più consapevoli. Promuovere l’educazione finanziaria significa fare prevenzione invece di interventi drastici quando i problemi si sono protatti così a lungo che non sono nemmeno più curabili con semplici medicine. I costi allora sì che esplodono.

Il 2017 non deve diventare una triste continuazione del 2016. No grazie, non abbiamo tempo da perdere. Una cosa che ci insegna la finanza, è che il tempo è denaro. L’educazione finanziaria non può più aspettare.